Patteggiamento e reati tributari in Italia: quando è possibile?

Patteggiamento e reati tributari in Italia: quando è possibile?

Come noto il c.d.  “patteggiamento è un accordo tra imputato (o prima ancora, semplice indagato) col Pubblico Ministero, vagliato dal Giudice, che permette di irrogare, senza lo svolgimento di un vero e proprio processo (dibattimento,  una condanna più mite. In altre parole consente all’imputato o all’indagato di ottenere un significativo sconto di pena. Il patteggiamento è consentito anche con riguardo ai reati tributari con la specificazione che esso può essere chiesto solo se , prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e interessi, sian stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché a seguito di ravvedimento operoso (vedi art. 13bis d.lgs 74 del 2000). Per la giurisprudenza tale preclusione, ovverosia la necessità dell’estinzione del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento, varrebbe soltanto per i reati tributari dichiarativi (art. 2 dichiarazione fraudolenta, artt. 3-4 dichiarazione infedele, art. 5 omessa dichiarazione) previsti dal d.lgs 74 del 2000. Una recente sentenza della Cassazione ha esaminato proprio l’ammissibilità del patteggiamento con riguardo ad un reato diverso da quelli di cui sopra: é il caso del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. 74 del 2000). Nel caso di specie, l’accusa  aveva proposto ricorso per cassazione per l’annullamento della sentenza di patteggiamento, sostenendo che il Giudice aveva errato nell’accogliere la relativa richiesta, non essendo state soddisfatte le condizioni previste dall’art. 13 bis che impone come visto, come requisito per accedere al patteggiamento, l’estinzione dei debiti tributari.

La Corte di Cassazione n. 25656 del 2022 ha accolto il ricorso, evidenziando innanzitutto che l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti genera il debito tributario in quanto se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura. Ne consegue che, per poter accedere al patteggiamento, è necessario il pagamento integrale dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, come previsto dall’art. 13 bis. Viene superato quindi il precedente e più favorevole principio giurisprudenziale per cui, con riguardo all’art. 8, non si doveva applicare la condizione ostativa prevista dal citato art. 13 bis sul presupposto logico, ancora prima che giuridico, che la “condizione di accessibilità al patteggiamento è che le condotte determinino un debito tributario a carico del loro autore che questi possa assolvere, con la conseguenza che la condizione di ammissibilità del patteggiamento di cui alla disposizione denunciata non è applicabile in relazione ai reati, quali l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8), che sussistono pur in assenza di un’evasione di imposta, e quello di distruzione od occultamento delle scritture contabili, la cui consumazione prescinde dall’evasione, tanto che in relazione a tali fattispecie non è stata ritenuta configurabile la circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 1”.

Brno, 1.12.2022