Ravvedimento operoso in ambito penale: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Ravvedimento operoso in ambito penale: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Amministrazione finanziaria in una recente circolare, la n. 11/E/2022 commenta l’evoluzione legislativa che ha caratterizzato l’istituto del ravvedimento operoso nell’ambito  penale tributario. La tendenza della legislazione è stata quella di favorire la regolarizzazione spontanea e preventiva delle violazioni fiscali.

Infatti in passato nel contesto penale tributario il legislatore ha voluto precludere l’applicabilità del ravvedimento operoso, che si attua con il pagamento del debito tributario, alle condotte fraudolente in quanto segnaletiche di una spiccata attitudine al delinquere e, come tali, considerate non meritevoli di premialità legate ad autocorrezioni.

Secondo l’interpretazione dell’Amministrazione, infatti, le condotte idonee a trarre in inganno l’erario non potevano essere trattate alla stregua di “un semplice errore, o tanto meno una omissione” (Circolare Mef 180/1998; Circolare Guardia di finanza 1/2018) e, pertanto, i relativi autori non potevano beneficiare di meccanismi di riduzione delle sanzioni.

Su questa falsariga, l’Amministrazione aveva escluso dal novero dei reati ravvedibili i seguenti delitti: il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 8 D. Lgs. 74/2000), il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 D. Lgs. 74/2000), il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 D. Lgs. 74/2000).

La svolta si verifica con  il D.L. 124/2019, il quale ha incluso nel novero delle violazioni sanabili mediante ravvedimento anche il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ed il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, sempre che la regolarizzazione avvenga prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti

L’Agenzia delle Entrate, a fronte delle innovazioni legislative intervenute negli anni,  spiega nella propria circolare di avere modificato il proprio indirizzo, precisando che il ravvedimento operoso, nel contesto delle violazioni penali, può esser invocato come causa di non punibilità dei reati di cui agli articoli 2,3,4 (dichiarazione fraudolente e infedeli), 5 (omessa dichiarazione), 10-bis (omesso versamento delle ritenute dovute o certificate), 10-ter (omesso versamento dell’Iva); 10-quater, comma 1 (indebita compensazione di crediti non spettanti) ed infine, dal punto di vista processuale, come presupposto per l’accesso al patteggiamento.

Risulta, al contrario, ancora inibita la possibilità di utilizzare il ravvedimento per regolarizzare i reati di indebita compensazione di crediti inesistenti e quelli non direttamente correlati ad un risparmio d’imposta, ovvero il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili e quello di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

L’Agenzia ha inoltre rimarcato una importante differenza degna di nota tra ravvedimento in ambito penale e ravvedimento in sede amministrativa.

La regolarizzazione spontanea dei reati dichiarativi è subordinata all’assenza, da parte del contribuente, della formale conoscenza, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali Nel contesto penale, infatti, la formale conoscenza dell’avvio delle suddette attività di controllo costituisce una causa ostativa per il ricorso al ravvedimento operoso.

Brno, 1.8.2022